LA MODA DOPO CORONAVIRUS
La moda dopo Coronavirus…
Non più divinità inaccessibili che brillano di luce propria, ma snodi di un sistema plurale del quale catalizzano le energie. Questo sono oggi gli stilisti. Forse non tutti, ma molti e rilevanti, secondo i critici.
La moda è essenzialmente un social medium, perché è il prodotto di un attività che si svolge a livello comunitario. Più che in qualsiasi altra forma d’arte, tanto la sua produzione quanto il suo consumo costituiscono un’espressione di massa, un esercizio di gruppo che, come la pandemia ha recentemente dimostrato, può perdere gran parte del propio significato nel vuoto pneumatico dell’isolamento.
La moda quale la conosciamo oggi si è affermata come industria a Parigi in risposta alle esigenze di in comunità, quella della corte reale. Il prestigio e la raffinatezza di quel milieu sono stati all’origine della diffusione in Europa di collezioni basate su elementi dalla variabilità stagionale. L’avvento della democrazia è l’invenzione del pret – a porter hanno poi portato alla sua autodeterminazione, permettendole l’ininterrotto esercizio di un autorità per diritto propio, mentre i designer cominciavano a siglare i loro lavori nello stesso modo in cui gli artisti firmavano le loro tele.
Oggi, dopo il Coronavirus, definiamo la moda un ‘challenge’ personale, c’è chi fa solo un restyling, c’è chi indossa solo vintage .. o semplicemente indossa capi da pandemia, in significativi, molto casual, sportivi…
La novità sul fatto di trend è abbracciata solo dai ecologisti, con la loro lotta del sostenibile o gli influencer contro la omofobia/Cyberbullismo o i stereotipi .. contro la violenza in generale.
Cosa ci rimane di tutto questo mondo della moda?
L’eredità del grande designer Coco Chanel: ‘ La moda passa, lo STILE resta!’.
by Irina Tirdea, IRIS TV
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